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Cause e rimedi per l’intolleranza al latte

La cattiva digestione del latte è un disturbo dovuto alla carenza dell’enzima lattasi nell’apparato digerente. Questo enzima è infatti responsabile della corretta assimilazione del lattosio zucchero complesso naturalmente presente nel latte – che può essere assorbito dal nostro organismo solo se scomposto nelle sue due componenti più semplici: glucosio e galattosio. Quando le cellule intestinali non sono in grado di produrre sufficiente lattasi, il lattosio permane a lungo nell’apparato digerente, andando incontro a fermentazione e provocando i disturbi gastrointestinali tipici di questa intolleranza. Pur non trattandosi di una vera e propria allergia, infatti, la cattiva digestione del lattosio si presenta con fastidiosi episodi di gonfiore, dolore addominale e diarrea che tendono a peggiorare in assenza di interventi sulle abitudini alimentari.

A tal proposito, dunque, bisogna distinguere l’intolleranza al latte, legata appunto a un deficit dell’enzima lattasi, dall’allergia al latte, ben diversa, meno conosciuta e ben più grave, causata invece da una reazione del sistema immunitario. Ma qual è la differenza tra le allergie e le intolleranze alimentari?

Cause e diffusione dell’intolleranza al latte

Il lattosio è un disaccaride, ossia un carboidrato costituito dall’unione di due zuccheri semplici (monosaccaridi) e sintetizzato da un enzima specifico che però, in questi casi, non è presente nell’intestino o quest’ultimo ne è fortemente deficitario, creando così una condizione di intolleranza alle proteine del latte.

Il lattosio è un elemento nutritivo presente nel latte materno, in quello vaccino, ma anche in quello ovino e caprino. Erroneamente, si pensa che il latte di capra sia migliore di quello vaccino nella cura delle intolleranze: nonostante entrambi abbiano delle ottime proprietà nutrienti e debbano far parte di una dieta sana ed equilibrata, chi soffre di intolleranza, infatti, riscontrerà dei problemi anche con il latte di capra.

Il nostro organismo è predisposto all’assunzione del latte durante i primi mesi di vita, durante i quali le cellule del duodeno producono naturalmente la lattasi necessaria a digerirlo. È molto frequente, quindi, che l’organismo umano cessi la produzione della lattasi durante l’età adulta, quando non le è più necessaria.

Per questo l’intolleranza al lattosio è un disturbo molto frequente, che in Italia colpisce con diversi livelli di incidenza più della metà della popolazione adulta.

Sintomi e diagnosi

La permanenza nel colon del lattosio mal assorbito ne provoca la fermentazione, con liberazione di gas azoto e acidi di origine organica. È proprio la presenza di questi elementi a causare i sintomi tipici di questa sindrome, come il doloroso gonfiore addominale, il meteroismo e la flatulenza.

Altri sintomi che segnalano l’esistenza di una probabile intolleranza al lattosio sono:

  • mal di testa;
  • nausea;
  • diarrea
  • senso di spossatezza.

Ci sono poi dei sintomi di intolleranza meno evidenti, ma che potrebbero far sospettare la presenza di questo deficit, come la digestione lenta e la pesantezza di stomaco.

Nei casi di intolleranza più gravi, inoltre, diventano frequenti gli episodi di diarrea, che se protratti nel tempo possono provocare dimagrimento e carenze dovute al cattivo assorbimento dei nutrienti. L’ingombro del colon da parte della lattasi in fermentazione, infatti, determina l’accumulo di acqua nell’intestino, impedendo la corretta formazione fecale.

Oltre al meteorismo e alla diarrea, si possono verificare episodi, anche ripetuti, di stitichezza o stipsi che creano ugualmente disagi e fastidi.

I sintomi di intolleranza possono essere individuati facilmente, perché si verificano appena dopo l’assunzione di alimenti che contengono lattosio, tra la mezz’ora e le due ore dal pasto. Se la presenza di sintomi basta per mettere in allarme, tuttavia, solo la diagnosi medica attraverso lo specifico test (test del respiro o breath test) può permettere di individuare con precisione questa sindrome, isolandola da patologie gastrointestinali più gravi.

Esistono poi altri tipi di esame, che prevedono il prelievo di un campione di sangue, in seguito a un quantitativo di latte ingerito, per evidenziare la trasformazione del lattosio in glucosio. È possibile optare, infine, anche per un test che esamina la genetica del paziente e fornisce ulteriori indizi al medico. Tuttavia, tra gli esami in uso il test del respiro o breath test è il più utilizzato.

Il breath test all’idrogeno, infatti, è un esame in cui vi è la somministrazione per via orale del lattosio, che risulta positivo alle intolleranze quando, nell’aria espirata e dopo 3 ore, vi è un picco di idrogeno superiore ai valori basali, rilevati tramite un test quando il paziente inizialmente arriva in laboratorio.

Consigli per capire se si è intolleranti al lattosio

Dato che i sintomi sono abbastanza precisi e vanno dal gonfiore ai crampi addominali, fino alla diarrea, dovrebbe essere abbastanza semplice capire se si hanno problemi a digerire il lattosio.

Potete verificarlo provando ad assumere il latte o anche dei formaggi freschi e verificando l’effetto: nel caso nel giro di mezz’ora/due ore avvertiate dei problemi di digestione e dei dolori addominali, si tratta di un malassorbimento del lattosio da parte del vostro apparato gastrico.

Conviene quindi rivolgersi al medico per avere il suo parere e fare il test definitivo, e nel frattempo interrompere il consumo di alimenti contenenti il lattosio, per concordare con lui una dieta alimentare che possa aiutarvi a risolvere questo problema, reintroducendone via via le quantità adatte per allenare il vostro stomaco, senza danneggiare la mucosa intestinale e la flora batterica naturale.

Se avete il dubbio che il vostro bambino possa essere intollerante al lattosio, considerate che tali disturbi in genere si verificano dopo lo svezzamento e sono più frequenti in età adulta. Non c’è una medicina specifica per curare l’intolleranza al lattosio, ma va visto come reintrodurlo nel proprio regime alimentare senza causare danni e disturbi. Nella fase di transizione si possono comunque scegliere prodotti senza lattosio, come il latte e lo yogurt delattosato, per non dover rinunciare alle altre benefiche sostanze contenute in questi alimenti.

Come intervenire in caso di intolleranza al latte

Avvenuta la diagnosi medica, l’unico intervento possibile per la gestione di questo disturbo consiste nel predisporre un adeguato piano alimentare. Come prima cosa occorre eliminare temporaneamente i latticini dalla propria dieta, escludendo gli alimenti che contengono lattosio ed eventualmente sostituendoli con dei surrogati. Questo periodo sarà utile per consentire all’organismo una depurazione totale, alla quale potrà seguire una graduale e accorta reintroduzione degli alimenti eliminati. In questa fase potrà essere iniziata una cura a base di probiotici, che aiutino a riequilibrare la flora intestinale, e di lattasi. Gli integratori alimentari a base di lattasi, in particolare, sono disponibili in capsule, gocce e compresse in farmacia e parafarmacia, non necessitando di ricetta medica. La regolare assunzione di integratori specifici consente di riportare l’intestino alle ottimali condizioni di salute, preparandolo a riaccogliere gli alimenti contenenti lattosio e ricondurre a normalità la dieta. Recentemente sono stati individuati dei probiotici che vanno ad agire su alcuni ceppi di batteri (Lattobacilli e Bifidobatteri) che ridurrebbero i sintomi gastro-intestinali.

In alcuni casi è possibile che queste semplici accortezze bastino a contenere l’intolleranza. È più frequente, tuttavia, che continui a essere necessaria la periodica o costante assunzione di lattasi, a seconda del livello di carenza del singolo organismo.

Sicuramente la correzione della dieta e l’esclusione di alimenti ad alto contenuto di latte è una mossa importante, ma è possibile anche aiutare l’organismo a produrre gli enzimi idonei alla risoluzione del problema. Un’ulteriore fonte di benessere consiste infatti nella somministrazione al paziente di appositi integratori da assumere in un intervallo di tempo prima dei pasti (o del pasto) all’interno del quale potrebbe essere contenuto lattosio.

Quali alimenti contengono lattosio

Il lattosio è contenuto in alte percentuali nel latte e nei suoi derivati, che occorrerà eliminare del tutto durante la temporanea fase di depurazione dell’organismo. Tra i latticini con la più alta percentuale di lattosio troviamo sicuramente i formaggi, che occorrerà evitare. È importante infatti eliminare soprattutto i formaggi freschi, come mozzarella, crescenza, ricotta o gli spalmabili; i formaggi a lunga stagionatura contengono sempre lattosio, ma in quantità minori. Occorre tuttavia prestare attenzione non solo a questo tipo di latticini, ma anche a burro, panna e yogurt.

Quantitativi minori di lattosio, inoltre, possono essere presenti anche nelle uova e nei broccoli. In caso di intolleranza, quindi, si dovrà prestare particolare attenzione alle indicazioni riportate sulle etichette dei generi alimentari confezionati, che devono sempre indicare la presenza di latte o derivati tra gli ingredienti. Il lattosio, infatti, è una presenza frequente in preparazioni pronte, in cibi precotti o liofilizzati, salse e zuppe confezionate, nei quali viene spesso utilizzato per insaporire e conservare. Infine, il lattosio è presente in moltissimi prodotti dolciari o da forno, come biscotti, pane e dolci di ogni tipo.

Quali alimenti inserire nella propria dieta

La correzione dei cibi introdotti nell’organismo e più in generale dell’alimentazione costituisce la via regia per la prevenzione e l’attenuazione del deficit legato a questo enzima. Una sempre maggiore sensibilizzazione verso questo disturbo, davvero molto diffuso, ha permesso infatti il moltiplicarsi delle alternative alimentari in commercio. Diversi marchi propongono versioni prive di lattosio dei propri prodotti più noti, tanto che oggi è possibile trovare senza difficoltà latte, sottilette, formaggi spalmabili, burro, panna da cucina e dolci preparati senza lattosio. In assenza di queste alternative, in ogni caso, sarà possibile optare per alimenti naturalmente privi di lattosio, come carne, pesce, pasta di grano duro e la maggior parte della frutta e della verdura.
Una valida opzione per sostituire latte e latticini, inoltre, è costituita dalla soia e dai suoi derivati. Il latte di soia, in particolare, costituisce una significativa soluzione alternativa al latte vaccino in molte preparazioni. Possono essere presi in considerazione, specialmente nella preparazione dei dolci, anche il latte di mandorla, quello di riso e quello di cocco.

Dove trovare il calcio

Il rischio maggiore per chi si trova a dover affrontare l’intolleranza al lattosio è quello di incorrere, a causa dell’eliminazione dei latticini, in una pericolosa carenza di calcio o in una cattiva nutrizione. In questo caso, quindi, è necessario prestare particolare attenzione alla propria dieta, ricordandosi di inserire alimenti che – pur privi di lattosio – siano invece in grado di dare il giusto apporto di calcio. Importanti fonti di questo prezioso elemento nutritivo, per esempio, possono essere ritrovate nel pesce, nei crostacei, nei frutti di mare e nei legumi. Il calcio è inoltre presente nelle noci e nelle mandorle, nel tofu e negli spinaci. In commercio, infine, esistono preparati a base di latte di soia arricchiti con calcio, appositamente pensati per le esigenze degli intolleranti al lattosio.

Vi sveliamo inoltre che tra i prodotti caseari esistono in linea di massima formaggi stagionati che non contengono questo zucchero! Determinati prodotti stagionati da almeno 12 mesi, se 24 meglio ancora, hanno una quantità di lattosio quasi assente. Esistono poi formaggi ricchi di batteri lattici, i quali hanno la capacità di scindere il lattosio e possono quindi essere ben tollerati da chi è intollerante a questo zucchero. Si potranno dunque inserire questi prodotti nella propria alimentazione dopo essersi accertati della loro assenza o presenza in quantità ridotta di lattosio, senza dimenticare di leggere l’etichetta. Sono prodotti che presentano al contempo una quantità di calcio necessaria per l’organismo e che possono dunque fornirne il giusto apporto.

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