Quello del Natale è un periodo speciale, in cui il clima festoso è reso ancora migliore dai sontuosi e numerosi dolci della tradizione, come il pandolce genovese. Un dolce tipico della Liguria che, come molte altre prelibatezze che si preparano durante le festività natalizie, è molto ricco e aromatico.

Di pandolce genovese ne esistono due versioni: il pandolce genovese basso e il pandolce genovese alto, che si differenziano solo per il procedimento di preparazione e per l’altezza. Gli ingredienti che si usano per arricchirli, uvetta, pinoli, canditi e semi di finocchio, sono, invece, gli stessi. Ingredienti che regalano al pandolce genovese, di qualsiasi tipo, il caratteristico sapore che da sempre lo contraddistingue.

Preparare il pandolce genovese è una vera e propria arte, che si tramanda di famiglia in famiglia come un segreto ben custodito. Ecco il segreto che vogliamo svelarvi presentandovi la ricetta del classico pandolce genovese basso: una sorta di pasta frolla aromatica che viene sottoposta a una doppia lievitazione e arricchita con tanti ingredienti che la rendono ancora più golosa.

Ecco tutti i segreti e i consigli per preparare un buonissimo pandolce genovese, che nulla vi vieta di consumare come dolce a conclusione di un menù speciale.

Preparazione

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    Iniziate la preparazione del pandolce genovese mettendo l’uvetta ad ammollare in acqua tiepida e tagliando l’arancia candita e il cedro a cubetti.

    Versate in una ciotola le due farine, lo zucchero di canna, il pizzico di sale, l’olio di semi di girasole, l’uovo, il rum e il lievito disciolto in poco Latte Zymil intiepidito e iniziate a impastare. Mentre lavorate il composto unitevi, a filo, il resto del latte intiepidito. Quando inizierà a staccarsi dalle pareti trasferitelo sulla spianatoia infarinata e lavoratelo ancora per qualche minuto.

    Quando avrete ottenuto un impasto liscio e compatto mettetelo in una ciotola, copritelo con della pellicola e lasciatelo lievitare nel forno spento per almeno 2 ore.

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    Trascorse 2 ore riprendete l’impasto, adagiatelo in una ciotola capiente, aggiungete tutti gli altri ingredienti (l’uvetta, l’arancia e il cedro canditi, i semi di finocchio e i pinoli) e lavoratelo delicatamente con le mani, procedendo dal basso verso l’alto, cercando di non schiacciarlo troppo.

    Quando tutti gli ingredienti saranno ben incorporati all’interno dell’impasto, trasferitelo sulla spianatoia, lavoratelo ancora qualche minuto, poi rimettetelo nella ciotola, copritela con la pellicola e lasciate proseguire la lievitazione per un’altra ora almeno.

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    Quando l’impasto avrà raddoppiato il suo volume, dategli la forma di una palla, praticate dei tagli nella parte superiore e adagiatelo in uno stampo di circa 15 cm di diametro (o, se non lo avete, nella leccarda foderata con carta da forno), ben oliato e infarinato.

    Lasciate lievitare il pandolce per un’altra mezz’ora prima di infornarlo nel forno preriscaldato a 180° in modalità statica e cuocerlo per circa 45-50 minuti.

    A cottura ultimata, sfornatelo e lasciatelo raffreddare prima di sformarlo e gustarlo.

     

    Curiosità

    Parente alla lontana del panettone con il quale condivide alcuni degli ingredienti principali, il pandolce, in particolare la sua versione più alta, è uno dei dolci più antichi della tradizione genovese.

    Ispirato, almeno così sembra, da un ancor più antico dolce persiano, il pandolce che noi tutti conosciamo e amiamo è stato creato ufficialmente ai tempi dell’Ammiraglio Andrea Doria, che indisse un concorso fra i pasticceri locali affinché creassero un dolce degno delle nozze del nipote con Zanobia del Carretto.

    Nei tempi più antichi, era il capofamiglia a tagliare il dolce ufficiale delle feste, mentre alla padrona di casa spettava il primo assaggio.

    Ogni famiglia genovese ha una sua ricetta del pandolce, che prevede, di volta in volta, l’aggiunta di questo o quell’ingrediente, come ad esempio la farina di polenta o l’acqua di fiori d’arancio.

    Un’usanza che sopravvive ancora oggi è quella di conservare un pezzo di pandolce e di mangiarlo il 3 febbraio, giorno di San Biagio, per benedire la gola.

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