Gli arancini al pistacchio sono una ricetta che non potete non aver mai provato. L’incontro di un’impanatura croccante con un ripieno golosissimo fatto con una besciamella al pistacchio e caciocavallo conquisterà proprio tutti. Se siete stati in Sicilia avrete sicuramente già l’acquolina in bocca solo al pensiero di addentare questa specialità dello street food.

Questa versione alternativa al classico cuore di ragù celebra al 100% le prelibatezze che la Trinacria offre alla cucina italiana, unendo l’arte della frittura a ingredienti di una qualità impareggiabile, come l’oro verde, il famoso pistacchio di Bronte, celebrato nella farcitura con del formaggio filante come il caciocavallo.

Nonostante il tempo di preparazione sia lungo, non temete, il gusto vi ripagherà! Inoltre con i giusti consigli il procedimento è alla portata dei più pasticcioni, che dopo questa ricetta diventeranno degli esperti degli arancini!

Un consiglio prima di iniziare: badate bene a chi servite gli arancini, se a dei palermitani o a dei catanesi, in quanto il nome errato della pietanza potrebbe dare il via a lunghi dibattiti sull’origine della ricetta e sul nome più appropriato, ponendovi dinanzi alla scelta: arancini o arancine?

Adesso siete pronti per realizzare degli ottimi arancini al pistacchio. Allacciate il grembiule!

Preparazione

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    Per preparare gli arancini al pistacchio, per prima cosa in una padella lasciate rosolare lo scalogno affettato finemente in un giro d’olio. Quando sarà ben dorato, aggiungete il riso nella padella e lasciatelo tostare per un paio di minuti, avendo cura di mescolare di tanto in tanto. Sfumate con il vino bianco e iniziate poi la cottura del riso, aggiungendo un mestolo di brodo vegetale precedentemente preparato e tenuto in caldo. Continuate ad aggiungere mestoli di brodo vegetale fino a raggiungere la cottura del riso. Regolate di sale e pepe. A questo punto in una ciotola unite due mestoli di brodo vegetale con lo zafferano e mescolate fino ad amalgamare bene i due ingredienti. Versate il composto di brodo e zafferano sul risotto a fiamma viva e mescolate accuratamente. Dopodiché spolverate con il parmigiano grattugiato. Quando il risotto avrà assorbito tutti gli ingredienti in maniera omogenea, stendetelo su un vassoio e copritelo con la pellicola trasparente e lasciatelo raffreddare in frigorifero.

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    Mentre il risotto raffredda, occupatevi del ripieno degli arancini. Per prima cosa aggiungete alla Besciamella Chef due cucchiai di farina di pistacchi e la noce moscata e mescolate il composto. La vostra besciamella al pistacchio è pronta!

    Dopo aver tagliato a cubetti il caciocavallo, date forma ai vostri arancini formando delle palline di riso. In un mortaio, pestate circa 30 gr di pistacchi sgusciati, dopodiché posizionate al centro degli arancini la besciamella, il caciocavallo e una manciata della granella di pistacchi, ottenuta pestando i pistacchi sgusciati. Richiudete con cura e ripetete l’operazione fino all’esaurimento del riso.

    È il momento di preparare la pastella che avvolgerà i vostri arancini: in una ciotola ponete la farina setacciata e aggiungete a filo dell’acqua continuando a mescolare con l’aiuto di una frusta. Quando avrete ottenuto un composto senza grumi e liscio, regolate di sale la pastella.

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    Immergete ogni arancino nella pastella e passatelo poi nel pangrattato. Friggete gli arancini in olio di oliva ben caldo, ad una temperatura di circa 165°.

    Quando saranno ben dorati i vostri arancini, lasciate scolare l’olio in eccesso ponendo gli arancini sulla carta assorbente. Spolverate con un po’ di farina di pistacchi la superficie e gustate i vostri arancini!

    Curiosità

    Arancino o arancina? La diatriba linguistica sull’esattezza del nome della punta di diamante dello street food siculo non si spegnerà mai. La Sicilia occidentale, capitanata da Palermo, afferma con certezza che il nome vero di questa pietanza sia arancina, rivendicando la somiglianza con l’arancia; non a caso anche la forma dell’arancina a Palermo è rotonda. Nella Sicilia orientale, guidata da Catania, la forma dell’arancino è appuntita proprio come il vulcano che sovrasta la zona, l’Etna. In questo dibattito, anche l’Accademia della Crusca si è esposta, ammettendo la difficoltà filologica nell’attribuire un nome che sia universalmente accettato dalle due pendici dell’isola. Secondo la tradizione, a portare l’usanza di mangiare riso e zafferano nella Trinacria furono gli arabi, nel XI secolo. Inaggiunta, nel Liber de ferculis, Giambonino da Cremona specifica che gli arabi tendevano a nominare le pietanze ispirandosi al frutti, da qui il nome arancina, ispirata al frutto più diffuso dell’isola.

    La versione “arancino” sembra invece derivare da una trasformazione dialettale. Facciamo un passo indietro: i ricettari di cucina sicula riportano la preparazione dell’arancino relativamente tardi, intorno a metà Ottocento, e per giunta la prima ricetta fa riferimento a un arancinu, una “vivanda dolce di riso fatta alla forma della melarancia”; solo anni più tardi Antonio Trina metterà nero su bianco la versione salata degli arancini. In dialetto siciliano dunque questa pietanza viene chiamato arancinu in riferimento all’albero del frutto, al maschile; riferendosi per analogia alla forma dell’arancia, sembrerebbe più corretta la versione al femminile arancina.

    Un’ultima curiosità: pare che l’introduzione della frittura di queste palline di riso e zafferano sia stata intuita dalla tradizione gastronomica partenopea per motivi legati alla trasportabilità dell’alimento. Avvolgendo gli arancini in una panatura croccante, si rendevano più adatti al trasporto e dunque perfetti da mangiare durante i viaggi.

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