Quando l'impasto risulta elastico, riponete in una ciotola ricoperta da canovaccio a lievitare per altre due ore a temperatura ambiente. Terminata la lievitazione, ricavate dall'impasto delle palline: 10 grandi e 10 più piccole, per ottenere la forma a tuppo. Dopodiché date forma alle vostre brioche, facendo pressione al centro della pallina più grande, poi nell'incavo ottenuto ponete la pallina più piccola. Ricordatevi di spennellare la superficie con un composto di latte e un tuorlo sbattuti, questo farà si che a fine cottura la vostra brioche prenda il tipico colore bruno. Rivestite una teglia con carta forno e cuocete a 170° per 30 minuti. Buon appetito!
Curiosità
La brioche col tuppo è senza dubbio la bandiera della Trinacria, consacrata da Andrea Camilleri nella sua opera "Gli arancini di Montalbano”.
Siete curiosi di sapere le origini della brioche col tuppo? Per prima cosa, in dialetto siciliano, come riporta Camilleri "scinnì, individuò un bar, s’assittò a un tavolino all’aperto, ordinò una granita di caffè e una brioscia" la brioche col tuppo si chiama semplicemente brioscia. Secondo la leggenda, questa prelibatezza della pasticceria dovrebbe essere nata tra delle mura aristocratiche della casa di una nobile famiglia siciliana. Da quel momento la ricetta si diffuse a macchia d'olio in tutta l'isola, sostituendo piano piano il filoncino che di solito veniva accompagnato con la granita, altra punta di diamante della cucina siciliana. Ciò che rende riconoscibile questa preparazione è senza dubbio la forma, ottenuta sovrapponendo due palline di impasto, una più grande e una più piccola, il tuppo. Il nome di quest'ultimo affonda le radici nel normanno arcaico toupin, dal termine gallico toupeau oppure dal francese toupet fino ad arrivare alla termine siciliano tuppu.
Tra le documentazioni antiche è stato ritrovato un detto siciliano in cui viene appunto riportata la parola tuppu. Questo detto racconta la storia dell'amore, reso impossibile dalle rispettive famiglie famiglie, di due giovani amanti. La donna, presa dalla disperazione, decise di tagliarsi la sua dote più cara: i capelli raccolti in uno chignon, "u tuppu". Ecco cosa dice il detto: “Cu lu tupu un t’appi, senza tuppu t’appi. Cu lu tuppu o senza tuppu , basta chi t’appi e comu t’appi t’appi”, che vuol dire "Con i capelli raccolti non ti ho avuta, senza capelli raccolti ti ho avuta. Con i capelli raccolti o senza capelli raccolti, basta che ti abbia avuta, comunque ti abbia avuta".