La dieta mediterranea offre una gran varietà di alimenti da alternare durante i pasti: non tutti, però, hanno la stessa funzione e le stesse caratteristiche. Tra i fattori da tenere in considerazione per scegliere quali cibi includere o escludere dalla propria dieta, si tiene spesso conto dell’indice glicemico (abbreviato in “IG”), un concetto fondamentale nell’ambito della nutrizione e della salute, specie nel caso di persone che seguono regimi alimentari particolari. Come vedremo in questo articolo, si tratta di un indicatore che misura la velocità con cui, dopo aver consumato un determinato alimento, si alzano i livelli di glucosio nel sangue. È, quindi, un parametro, un indicatore di riferimento, un numero che non corrisponde a un valore reale, ma indispensabile per confrontare e analizzare specifiche caratteristiche degli alimenti: ha, infatti, un impatto significativo sulla gestione del peso, sulla salute metabolica e sulla prevenzione delle malattie croniche, come il diabete di tipo 2 e alcune patologie cardiache. Qui è dove esploreremo insieme, nel dettaglio, cos’è l’indice glicemico, come viene calcolato e quali implicazioni ha per la nostra salute.
Cos'è l'indice glicemico?
L’Istituto Superiore di Sanità lo definisce come «un valore che esprime la rapidità con cui gli alimenti contenenti carboidrati fanno aumentare la concentrazione di glucosio nel sangue (glicemia)»: l’indice glicemico rappresenta un vero e proprio sistema di classificazione degli alimenti sulla base del loro impatto sulla glicemia, ovvero i livelli di zucchero nel sangue.
A ogni alimento viene, infatti, assegnato un valore numerico che rappresenta la sua capacità di aumentare rapidamente la glicemia. Gli alimenti con un IG elevato causano un aumento rapido dei livelli di zucchero nel sangue, mentre quelli con un IG basso provocano un aumento più graduale e stabile. Solitamente, l’IG è espresso con una scala che va da 0 a 100, dove il glucosio puro – utilizzato come metro di paragone, come riferimento generico – ha un IG di 100: gli alimenti con un IG superiore a 70, quindi, sono considerati ad alto IG, quelli con un IG compreso tra 56 e 69 sono a medio IG, mentre quelli con un IG inferiore a 55 sono a basso IG.
Facciamo un esempio: per comprendere meglio il meccanismo dell’IG, mettiamo a confronto il pane bianco e le mele. Il primo ha un alto IG perché viene rapidamente digerito e assorbito: l’organismo scompone subito questo alimento, utilizza immediatamente gli zuccheri che ne ricava e si crea così un picco glicemico. La mela, invece, ha un IG più basso poiché contiene fibre e altri nutrienti che rallentano la digestione e l’assorbimento degli zuccheri: la curva glicemica è più morbida e non si verificano picchi.
Da questo esempio risulta chiaro come l’indice glicemico differisca da un alimento all’altro così come la sua composizione influisce sulla velocità con cui i carboidrati contenuti vengono digeriti e assorbiti, e quindi sulla velocità con cui il glucosio da essi rilasciato entra nel flusso sanguigno. In generale si può fare una distinzione tra gli zuccheri semplici (fruttosio, saccarosio, lattosio), che sono rapidamente digeribili, e che quindi tendono ad avere un indice glicemico più alto, e i carboidrati complessi, come gli amidi, che richiedono più tempo per essere digeriti. Tuttavia, è importante sottolineare che l’indice glicemico non tiene conto di quanto aumentano i livelli di zucchero nel sangue, ma solo di quanto velocemente avviene tale aumento. Per questo motivo, un altro parametro da tenere in considerazione, forse ancor più significativo dell’indice glicemico, è il carico glicemico, che considera sia l’indice glicemico sia le quantità dell’alimento consumato. Il carico glicemico si calcola semplicemente moltiplicando l’indice glicemico per la quantità di carboidrati contenuta nella porzione di alimento effettivamente ingerita.
Come si calcola l'indice glicemico?
Il calcolo dell’indice glicemico di un alimento è un processo piuttosto elaborato, che coinvolge un gruppo di persone sane, che si sottopongono a uno studio scientifico, con diversi prelievi di sangue e misurazioni. Semplificando e riassumendo un po’ il processo, questo si completa in 5 fasi:
1. Preparazione degli alimenti: gli alimenti di cui si vuole calcolare l’IG vengono preparati in modo specifico (spesso vengono cotti al vapore, per garantire una quantità uniforme di carboidrati digeribili: solitamente si preparano in quantità tali da contenere esattamente 50 grammi di carboidrati, un valore preso come standard di riferimento).
2. Preparazione dei soggetti di studio: anche un gruppo di persone deve sottoporsi a una preparazione specifica: ogni partecipante deve subire un prelievo di sangue a digiuno, poi bere una soluzione di acqua contenente 50 grammi di glucosio e sottostare a prelievi regolari ogni 30 minuti, per alcune ore, in modo da monitorare la variazione della concentrazione di glucosio nel sangue. Questa preparazione serve come metro di riferimento su cui campionare le variazioni glicemiche quando si assumerà l’alimento in oggetto.
3. Monitoraggio della glicemia: lo stesso gruppo di studio ingerisce l’alimento da misurare dopo un breve periodo di digiuno; durante le ore successive al consumo dell’alimento, vengono prese misurazioni frequenti dei livelli di glucosio nel sangue dei partecipanti, con le stesse modalità utilizzate nella preparazione (prelievi di sangue per alcune ore, ogni 30 minuti), allo scopo di calcolare l’andamento dei valori di glucosio nell’organismo.
4. Calcolo dell’area sotto la curva: i dati raccolti vengono utilizzati per costruire una curva che mostra come i livelli di zucchero nel sangue cambiano nel tempo. L’indice glicemico è calcolato come l’area sotto questa curva, confrontata con l’area sotto la curva di riferimento, ovvero quella ottenuta somministrando ai partecipanti acqua e glucosio.
5. Assegnazione dell’indice glicemico: alla fine dello studio, all’alimento viene assegnato un valore numerico che rappresenta il suo IG. Inoltre, gli IG di molti alimenti sono confrontati e classificati in tabelle, costantemente aggiornate, utili per creare piani alimentari specifici.
Va notato che il calcolo dell’IG può variare leggermente in base alla metodologia utilizzata nello studio specifico; quello che non varia, invece, è l’efficacia dei database internazionali nel raccogliere i dati sugli IG di numerosi alimenti, offrendo una guida utile per le scelte alimentari.
Tornando all’esempio fatto in precedenza, possiamo ora precisare come il pane bianco abbia un IG pari a 75: questo significa che 50 grammi di pane bianco aumentano la glicemia con una velocità del 75% rispetto al glucosio puro. La stessa quantità di spaghetti (IG = 49), la aumentano con una velocità del 49% rispetto al glucosio. La pasta, però, può presentare indici glicemici molto differenti a seconda di diversi fattori, tra cui anche la forma: gli spaghetti, e la pasta lunga in generale, hanno un IG più basso perché durante il processo di produzione l’amido in essi contenuto viene sottoposto a pressioni elevate (cosa che non accade per la pasta corta). Anche la cottura influisce ulteriormente sull’indice glicemico finale: quella al dente, ad esempio, consente di mantenere più basso l’indice glicemico, mentre una cottura prolungata (sui 15/20 minuti) provoca un aumento del suo valore.
Alimenti ad alto, medio e basso indice glicemico
Come abbiamo accennato, gli alimenti possono essere suddivisi in tre categorie principali in base al loro IG:
· Alto indice glicemico (IG > 70). In questa categoria rientrano gli alimenti che causano un rapido e marcato aumento dei livelli di zucchero nel sangue dopo il loro consumo. Esempi comuni di alimenti ad alto IG includono, oltre al pane bianco, anche le patate fritte, le bevande zuccherate, i cereali raffinati (come alcuni cornflakes per la colazione con aggiunta di zuccheri) e il miele. Questi alimenti possono portare a picchi glicemici seguiti da brusche diminuzioni, il che può generare una sensazione di fame poco dopo aver mangiato e favorire il desiderio di spuntini ad alto contenuto calorico. Anche lo yogurt, il latte scremato e le bevande che contengono lattosio possono essere considerate ad alto indice glicemico: è bene prestare attenzione quando si considera il rapporto tra lattosio e diabete nel proprio regime alimentare, e prendere in considerazione il consumo di prodotti delattosati.
· Medio indice glicemico (IG 56-69). Si tratta di alimenti che causano un aumento moderato dei livelli di glicemia. Questi alimenti possono includere pane integrale, riso bianco, pasta integrale e alcune varietà di frutta (come le banane e l’ananas: presta attenzione al loro consumo, se vuoi evitare picchi glicemici!). Ricordiamo, inoltre, che l’IG della maggior parte degli alimenti può variare a seconda della preparazione e della cottura: il riso basmati, ad esempio, ha un IG inferiore rispetto al riso a grana corta, a parità di cottura.
· Basso indice glicemico (IG < 55). Gli alimenti a basso IG causano un aumento graduale e costante dei livelli di zucchero nel sangue: sono quindi molto raccomandati all'interno di una dieta sana ed equilibrata. Questi alimenti sono spesso ricchi di fibre, proteine e grassi sani, che rallentano la digestione e l'assorbimento dei carboidrati. Quali sono? Molta verdura non amidacea, come spinaci, carote e broccoli, legumi come i fagioli, le lenticchie e i ceci, e anche alcune varietà di frutta e il loro succo, come le mele e le pere, oltre ai cereali integrali non raffinati, come l'avena, l'orzo e il farro. Una combinazione di questi ingredienti può risultare una scelta ideale se si cercano prodotti a basso indice glicemico. Non dimenticare che la classificazione degli alimenti in base all'IG può essere utile, certo, ma non è l'unico fattore da considerare nella pianificazione di una dieta equilibrata. Ad esempio, per assicurarsi una buona alimentazione è importante valutare anche la quantità totale di carboidrati da consumare e la presenza di altri nutrienti essenziali come proteine, grassi, vitamine e minerali. Allo stesso modo, è importante considerare anche l’impatto di sport e attività fisica. Avere una buona consapevolezza dell’IG degli alimenti può essere però particolarmente utile per le persone con diabete o per coloro che desiderano gestire il loro peso e l’appetito in modo più efficace, come vedremo nel paragrafo seguente.
Implicazioni per la salute e la nutrizione
La gestione dell’IG degli alimenti che si consumano può avere importanti implicazioni per la salute e la nutrizione, e in particolare influenzare:
· il controllo del peso: alimenti a basso IG tendono a fornire una sensazione di sazietà più duratura e possono aiutare a controllare l’appetito, utile specie per chi è in una condizione di obesità;
· il controllo della glicemia: naturalmente, le persone con diabete riusciranno a monitorare meglio i livelli di zucchero nel sangue, conoscendo l’IG degli alimenti che consumano;
· la disponibilità di energia sostenibile: gli alimenti a basso IG forniscono energia in modo più sostenibile nel corso del tempo, evitando i picchi e le cadute improvvise dei livelli di zucchero;
· il rischio di contrarre alcune patologie: una dieta ricca di alimenti a basso IG può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2 e a preservare la salute del cuore, sebbene non possa essere considerata una vera e propria terapia. Qualsiasi variazione nella dieta andrebbe, comunque, considerata accuratamente insieme a un medico o a un professionista della salute.